Il Passato

E’ La figlia di un fabbro, umile cittadina, nata cresciuta e vissuta a Mot senza saperlo. Devota a Simeth. Suo padre l’ha tenuta sempre in casa considerandola alla stregua di una maledizione, il suo essere albina era per lui motivo di vergogna e preoccupazione. Quella figlia così eterea, longilinea ed esile, dalla pelle color porcellana, le iridi così chiare da confondersi con il bianco oculare e quei capelli color neve dei monti in inverno era troppo particolare per lasciare che gironzolasse per le vie di Mot. “Abominio” così la chiamava.
Le ha sempre detto che la vita era solo quella, la stanza senza finestra, con latrina interna, abbastanza catena da potervisi muovere dentro liberamente, il giaciglio, la candela. Punto.
L’attesa dei pasti.
L’attesa del bagno.
L’attesa del suo arrivo con pergamene, piume e inchiostro quello era il momento che aspettava con più impazienza.
Lui era molto metodico, manteneva sempre gli orari e lei faceva solo quello. Copiava e metteva in ordine i suoi conti, i suoi registri, le sue vendite e i suoi acquisti. Adorava fare quel lavoro e spesso imparava parole nuove.
Le ha insegnato a leggere e scrivere solo per farle svolgere quel compito.
Non aveva idea alcuna di cosa ci fosse “fuori”….il “Fuori” diceva sempre suo padre:
“….è per te distruzione e morte. La “Vita” è qui dentro Abominio….non avrai mai niente del “fuori” finché sarò vivo.”

Sua madre perì dandola alla luce, lui le agganciò una catena alla caviglia destra su cui ancor permane la cicatrice ed è cresciuta così fino a quando non lo ha ucciso.

Una sera, mentre scriveva i suoi conti, lui si addormentò.
I suoi occhi trasparenti venati di pallido azzurro, si spostano dal foglio…alla candela, dalla fiamma a lui….che russava pesantemente.
Un’ombra scura le si è palesata negli occhi. Sinuosa, silenziosa è strisciata verso di lui, vi si è seduta sopra, una gamba per lato, come fosse una piuma. Sapeva che non si sarebbe svegliato….dolcemente gli arrotola la catena al collo, sposta piano prima un ginocchio poi l’altro sulle sue braccia intanto comincia a stringere e sorridere contemporaneamente. Nelle rosee labbra le si dipinge un sorriso, sempre più ampio mano mano che il viso paffuto diviene più rosso. Lo sente agitarsi debolmente sotto di se, ma ancora dorme in vero….e il suo viso diviene violaceo, e lei ride di una cristallina e pura risata un suono fresco e innocente. Stringe ancora tirando i muscoli delle braccia con tutta la sua forza quando lui finalmente spalanca gli occhi. Il suo ridere diviene un ringhio profondo e la sua espressione muta in quella di una belva selvaggia e potente che lotta per la preda.
Stinge sempre più forte e preme con le ginocchia contro le sue braccia, lui ancora con i fumi del sonno in testa, la vista che s’annebbia con la mancanza di ossigeno. Il suo volto sempre più tendente al nero….la vita che si perde nei suoi occhi marroni.
Lei che si rispecchia nei suoi occhi vitrei quando finalmente finisce di tremare e scattare convulsamente sotto le sue gambe. Stringe ancora fissandolo.
Poi s’accende la comprensione.
E’ Libera.
Afferra la chiave dalla sua tasca, infila nella toppa di ferro che è il bracciale alla sua caviglia destra, lo apre….
E’ Libera.
Nessuno ha mai saputo cosa fosse successo al fabbro.
Nessuna sapeva cos’era quella stanza con la catena.
Non trovarono niente di losco nei suoi conti.
Nessuno sapeva che aveva una figlia Albina.
Lei è uscita dalla porta con titubanza, nella notte nera s’è inoltrata nella nebbia di Mot. Da qui ha inizio il suo destino. Da qui ha inizio la sua vita. Tutto il mondo è per lei nuovo, nuova scoperta, nuova esperienza.

Hvid è un nome che deriva da una lingua antica di cui si è persa memoria, significa “Luce dell`Oscurità” e la rappresenta benissimo.
Hvid = Il Bagliore che Oscura